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OMAGGIO A GINO NEGRI (1919 - 1991) - A SCANDALOUS MUSICIAN
16 dicembre 2014 - ore 17:00
Piccolo Teatro Grassi, Chiostro Nina Vinchi (via Rovello 2)
 

LE MUSICHE DI GINO NEGRI PER IL PICCOLO

 

Saranno presenti Lorenzo Arruga, Giulia Lazzarini, Antonello Negri, Enrico Intra, Filippo Crivelli, Maurizio Nichetti, Rosalina Neri, Marco Moiraghi e tanti altri amici per raccontare delle follie negriane.

 

coordina Gaia Varon

 

 

La collaborazione di Gino Negri al Piccolo Teatro inizia nel 1951 con le musiche di scena per Oplà noi viviamo con la regia di Giorgio Strehler.

E’ il grande amico Fiorenzo Carpi che lo introduce al Piccolo dove Negri esprime da subito il suo eclettismo e dinamismo: dirige i piccoli ensemble per i quali trascrive le musiche, prepara i cantanti, compone musiche di scena, si esibisce egli stesso come pianista, organizza conferenze ed eventi.

E’ del 1956 la versione ritmica italiana dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht con la direzione di Bruno Maderna e la messa in scena di Giorgio Strehler. Accanto a questa storica produzione troviamo - per citare solo alcuni titoli - La casa di Bernarda Alba del 1955 con la regia di Strehler, Qui comincia la sventura del 1955 con la regia di Rissone e i testi di Sergio Tofano, I Giacobini del 1957 con la regia di Federico Zardi, fino a Minnie la candida del 1980 rappresentata al Teatro Ponchielli di Cremona.

 

"Musicista scandaloso"? Si, Gino Negri era musicista scandaloso, e lo era per svariati motivi. Se Massimo Mila usò questa formula pensando essenzialmente alla forza dissacrante e quasi eversiva di alcuni suoi spettacoli teatrali degli anni Cinquanta-Sessanta, va detto che Negri seminava scandalo soprattutto per la sua irriducibile alterità. In ogni ambiente che frequentava (ed erano tanti e diversi), Negri era l'anima folle ed eccentrica: troppo leggero e frivolo per i compositori colti, troppo complicato ed astruso per il mondo del cabaret, troppo letterato ed aulico per gli standard della canzonetta, troppo astratto ed imprevedibile per gli studi televisivi dove imperversava come divulgatore-mattatore, Negri era sempre "fuori posto". Eppure, fra gli anni Cinquanta e la fine dei Settanta, ebbe un notevole successo, che gli permise di continuare imperterrito nella sue ricerche compositive folli, ossessive, in buona parte irrealizzabili. Sono ancora molti, oggi, a ricordare il suo stile canzonettistico paradossale, le sue gag e trovate comiche o satiresche nelle vesti di presentatore, pianista, cabarettista, critico, organizzatore. Pochi, invece, (davvero pochissimi) sanno che Negri intanto sviluppava "in proprio" e quasi di nascosto, nelle vesti non ufficiali di compositore "colto" (seguace fedele delle teorie armoniche di Roberto Lupi), un linguaggio musicale di assoluta serietà ed originalità. Oltre e al di là delle mille bizzarre facce pubbliche di questo "folletto operosissimo", oggi Negri va considerato anche un compositore colto, da prendere (quasi) sul serio; un autore che aveva come modelli fondamentali musicisti come Kurt Weill, Paul Hindemith, Darius Milhaud, Eric Satie, Dimitrij Sostakovic, insomma i non allineati, i non centrali, i marginali della "grande" storia della musica del Novecento. (Marco Moiraghi)

 

Gino Negri nasce a Perledo – sopra Varenna, lago di Como – nel 1919 e passa una splendida fanciullezza tra Milano e (dal 1935) Montevecchia, in Brianza. Gli studi adolescenziali in un istituto religioso di Milano solleticano gli aspetti dissacranti, talvolta anche blasfemi, della sua indole. Si iscrive al Conservatorio, dove inizia l’amicizia fraterna con Fiorenzo Carpi, e si diploma in composizione. Suo punto di riferimento, per la teoria musicale e la composizione, diventa Roberto Lupi.

La sua prima produzione musicale si svolge all’insegna della dodecafonia e della musica atonale. Negli anni Cinquanta lui e Carpi sono i musicisti dell’età eroica del Piccolo Teatro. Scrive intanto musica ispirata da testi poetici e letterari (Pirandello, Moravia, Montale); inoltre opere, operine e operette componendone anche i testi.

Negli anni Sessanta inizia la sua collaborazione con la televisione: inizialmente con musiche di scena per commedie e, nel decennio seguente, con trasmissioni che lo vedono direttamente impegnato come divulgatore musicale. È anche il periodo del cabaret, che si concretizza in una sorta di attualizzazione della tradizione del Kabarett berlinese e del vaudeville: i luoghi sono la Società Umanitaria e i primi locali, appunto, di cabaret, a cominciare dal Cab 64 e le cooperative della periferia milanese dove, accompagnato dall’azione scenica di due mimi, esegue al pianoforte e canta canzoni di tema sociale: Il controllo delle nascite, La mutua, La scuola.

Nei decenni seguenti la sua produzione musicale, sempre estremamente variegata, si riassume in un complesso sistema di citazioni e contaminazioni di generi musicali, il cui filo conduttore può essere ritrovato nel piacere degli incroci spericolati, sotto il segno – nella fase finale del suo lavoro – di un rinnovato interesse per quell’armonia di gravitazione formulata negli anni Quaranta da Roberto Lupi.

Muore a Montevecchia nel 1991.

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